By Redazione Holystica – L’Alchimia è una via di trasformazione pratica ed estremamente potente della tradizione occidentale. Essa proviene dall’antica cultura egizia, passa attraverso quella greca, nel Medioevo arriva in Europa e lungo i secoli giunge fino a noi.
Gli alchimisti nei propri laboratori operavano processi di “solvi et coagula”, scioglievano i metalli per purificarli e poi li ricoagulavano. Tuttavia ciò era un riflesso dei processi interiori che compivano su se stessi.
L’Alchimia spirituale pertanto prevede quattro stadi principali: Nigredo, Albedo, Citrinitas e Rubedo e ciascuna di queste fasi rappresenta un preciso stato di coscienza.

 

ALBEDO è l’opera grandiosa che arriva dopo Nigredo, l’Opera al nero.

La materia prima di Nigredo sono le difficoltà che si incontrano nel quotidiano, le sofferenze, le disarmonie, il lato ombra della natura inferiore,. Nella fucina del laboratorio interiore viene operata trasformazione, apertura a una consapevolezza più alta, accordatura con una Volontà in se stessi più alta. Nigredo prevede la creazione di un osservatore distaccato, che non giudica in alcun modo ciò che osserva. Non indaga, non scava, non tenta di cambiare ciò che vede e vive. Semplicemente si distanzia e osserva da un punto diverso la scena degli eventi che si svolgono dinanzi a lui. Questo è ciò che innesca a livello interiore il potente processo alchemico di trasformazione di ciò che è piombo in oro.

Leggi articolo parte 1 che approfondisce Nigredo  Alchimia… separerai il sottile dallo spesso

Non scavare nel nero”, dice l’Alchimia, bensì “Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem”.
V.I.T.R.I.O.L. è infatti il motto alchemico primario: visita la tua terra interiore, vai a vedere le tue densità. Rectificando, ovvero guardando da un’altra prospettiva quello che stai osservando, scoprirai la pietra nascosta.
A questo punto ci si trova in Albedo, l’Opera al Bianco, la fase in cui la visione si rischiara, quando si comprende qualcosa che prima non si coglieva, è il momento del “sì” a tutto ciò che c’è, della pace, perché il tumulto emotivo è finito.

Albedo è il momento della benedizione (dico bene) di ciò che è accaduto.
Si basa su qualcosa che è diventato vero nel profondo, su un nuovo livello di consapevolezza raggiunto: che tutto è un riflesso del nostro passato e che gli eventi si sono svolti come una recita/replica su un palcoscenico; che ciò che crediamo reale invece non lo è, poiché è immagine, è ologramma, ha la stessa sostanza del sogno, come ci dicono inequivocabilmente le conoscenze scientifiche della fisica di oggi.
E da qui il perdono, l’altro atto interiore fondamentale di Albedo. Che non è dimenticare, o assolvere, o un atto di generosità nei confronti di qualcuno, magari con compiacimento verso di sé. Perdonare significa dare un valore diverso agli eventi, significa ridefinirli.

Sempre il perdono libera chi lo da. Sempre esso è un atto di amore principalmente per sè, poichè scioglie dalla prigionia delle situazioni che hanno arrecato sofferenza.
Chiunque riflette una parte di noi, e in questo senso è noi. Perciò il perdono non è qualcosa che diamo a qualcuno, è qualcosa che doniamo alle parti di noi.
albedoQuesto atto interiore risolve il “karma”. Svuotando da ogni reattività, permette di potersi affrancare da questa legge che obbliga a venire a patti con le conseguenze dei propri pensieri, delle proprie parole e dei propri atti.

E quando riusciamo a osservarci con distanza, quando si è trasformata la prospettiva  e possiamo bene-dire, quando possiamo lasciare andare e siamo in una pace costante, nella nostra vita giunge Citrinitas, l’Opera al Giallo.
Allora, proprio come un Sole radiante, possiamo illuminare il mondo.

Sara Siani
Redazione Holystica

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